Come funzionano (o funzionavano?) i display elettromeccanici

Ci troviamo in una fase, per l’elettronica, in cui la corsa al display più tecnologico è forse quella più seguita: si fa in gara a chi realizza il 3D più potente, si riescono a far stare migliaia di pixel in schermi sempre più piccoli, si è arrivati a produrre display OLED sottilissimi che possono anche essere arrotolati.

Trovare nuove tecnologie per mostrare informazioni è sempre stato uno degli studi più seguiti in ambito elettronico e ricordo ancora con nostalgia i display a tubi Nixie o i primi Motorola Startac, per rete ETACS, con display a matrice di led.

L’obiettivo nello sviluppo dei display è sempre stato quello, comune, di trovare la maniera più efficiente di mostrare le informazioni, con il minor consumo possibile. Non sempre però, un modo efficiente (in primis: elevato contrasto in tutte le condizioni di illuminazione) si sposa con consumi bassi, leggerezza ed economicità.

In questo articolo voglio ricordare i primi tipi di display puramente “elettromeccanici”, in cui non vi erano led, non vi erano pixel, non vi erano cristalli liquidi. Alcuni di questi sono utilizzati ancora oggi.

Split-Flap Display

Questi display si trovano ancora oggi nelle stazioni e negli aereoporti. Fino a qualche anno fa era possibile trovarli anche in alcuni orologi e radiosveglie per uso domestico:

Attualmente sono ancora prodotti dalla Solari di Udine. Il loro meccanismo di funzionamento è abbastanza semplice, anche se la costruzione meccanica è piuttosto complessa:

Immagine proveniente da un vecchio brevetto americano

Vi è una ruota sulla quale sono imperniate alcune “alette” (flaps). Sui flaps sono disegnati “mezzi numeri” sia frontalmente che sulla faccia retrostante. Il posizionamento verticale di un’aletta sull’altra produce la lettura del simbolo completo.

Il vantaggio di questo tipo di display è quello di essere molto visibile in qualsiasi condizione e di non consumare corrente quando il numero rimane visualizzato fisso. Inconfondibile è il rumore prodotto durante il cambio delle frasi da mostrare che funge anche da richiamo per l’attenzione soprattutto in stazioni e aereoporti. Per contro sono sistemi molto ingombranti e che richiedono una certa manutenzione, come d’altronde tutti i sistemi elettromeccanici.

Flip disc display

Questo tipo di display era piuttosto comune, fino a poco fa, sugli autobus per identificarne la corsa:

a dire il vero e’ utilizzato anche oggi e può essere considerato come l’antenato dei moderni display a matrice di punti (anche questo è un display dot-matrix!). Nell’immagine si può infatti notare come ogni cifra sia in realtà composta da tante celle di forma pressapoco quadrata.

Ogni “pixel” di questo display è formato da un dischetto munito di un’asse centrale diagonale che lo rende libero di ruotare:

Da questa foto possiamo vedere a sinistra il “pixel” acceso e a destra quello spento. Negli angoli in alto a destra e in basso a sinistra sono presenti due perni che servono ad evitare che il dischetto giri di continuo e che gli permettono di mantenersi in posizione stabile. Nel disco vi è un magnete permanente. Al di sotto del disco è presente un solenoide: fornendogli la giusta polarità,  e grazie al magnete fisso montato nel disco, quest’ultimo può ruotare in un senso o nell’altro.

Alcuni di questi display, sul lato opposto del solenoide, presentano uno switch reed che permette l’accensione di un led al di sotto del dischetto “acceso”. In questo modo la visibilità è assicurata anche di notte.

Credits

Alcune informazioni e le immagini sono tratte da wikipedia inglese:

Per finire in bellezza vi lascio con questo bellissimo esempio di display a matrice di punti umana:

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